Biogas

Il 30 ottobre come Faenza eco-logica e Rete Emergenza Climatica Ambientale abbiamo organizzato un interessante convegno. Ecco qui di seguito un riassunto della relazione di Gianni Tamino, con gentile concessione delle sue slide.

Relazione di Gianni Tamino, biologo e esperto Isde Medici per l’Ambiente:

Le emissive che causano inquinamento atmosferico e cambiamenti climatici sono varie, dai trasporti alle industrie.

Un ruolo rilevante è giocato dalle centrali a biomassa, molto inquinanti e poco efficienti anche a livello di energia prodotta. Il costo per kwh per la produzione di energia nelle centrali a biomassa è costante nel tempo, non si vede una riduzione da molti anni, ciò vuol dire che la tecnologia non migliora, non è competitiva rispetto alle energie rinnovabili e queste centrali sussistono solo grazie ai contributi pubblici.

 

Le diverse tipologie sono:

– a biomasse solide  causano un forte inquinamento atmosferico mediante incenerimento legno, cippato, paglia, residui.

– biomasse liquide (oli vari: palma, girasole, soia, ecc.): inquinano circa come un corrispondente impianto a gasolio

– a biogas (e poi a Biometano) ottenuto da digestione anaerobica (utilizzando vari substrati: letame, residui organici, mais o altro).

A Faenza abbiamo tutti e tre i tipi (non ci facciamo mancare niente!)

La slide sotto mostra le emissioni atmosferiche (PM10) paragonando le centrali a biomassa solida (molto alte), le centrali a gasolio e quelle gas naturale (GPL).

Nello specifico, gli impianti a biomasse presenti sono:

 

1) CAVIRO: biogas-> biometano, 320.000 t/a di biomasse per biodigestione, fino a 9.000 t/a di biometano liquido prodotto (cogeneratori 1MWe ciascuno)

2) Enomondo: Hera + Caviro, inceneritore a biomasse solide (vinacce esauste, legna, rifiuti, CDR) 150.000 t/a,13,7 Mwe; Impianto di compostaggio e digestione anaerobica (scarti vegetali, scarti lignocellulosici provenienti dalle attività di manutenzione delle aree verdi pubbliche e private, fanghi dell’agroindustria)

3) Dister Energia: combustione olio e biomasse sol. vegetali, 26,1 Mwe, 3 motori funzionanti ad olio vegetale e 1 caldaia alimentata a biomasse vegetali

4) Tampieri: combustione biomasse solide, 180.000 t/a, 37 MWe

5) Villapana, gruppo Rendi, biomasse solide (vinacce esauste), 36.000 t/a, 14 Mwe

In totale a Faenza vengono bruciate 720.000 tonnellate di biomasse all’anno, oltre 90 Mwe. Ciò equivale a quasi il doppio delle emissioni di 3 inceneritori. Ad esempio Forlì, (120.000 t/a), Rimini (130.000 t/a) e Bologna (215.000 t/a) che bruciano in totale 465.000 t/a.

A Faenza vengono emesse quindi complessivamente circa 43 tonnellate di polveri all’anno senza contare ovviamente l’inquinamento causato dall’autostrada e dalle altre industrie. Le polveri veicolano anche diossine e inquinanti persistenti. Gli ossidi d’azoto inoltre innescano la formazione delle polveri secondarie (fino a 3-4 volte le primarie) e dell’ozono.

Il caso Caviro e Enomondo

Una slide particolarmente inquietante mostra le emissioni di inquinanti, in particolare diossina, dall’inceneritore Enomondo, gestito da Hera e Caviro, che brucia biomassa, CSS (rifiuti) e biogas.

Per calcolare il valore delle diossine emesso in atmosfera, si considera la portata del camino (110.000 normali metri cubi all’ora, Nm3/h), quante ore l’impianto funziona all’anno (24×345) e quante diossine ci sono in ogni Nm3 (0,1 ng). Moltiplicando 110.000x24x345x0,1 si ottengono i nanogrammi emessi all’anno, cioè 90 milioni che sono uguali a 90 mg all’anno.
Poi si paragonano al valore che OMS ritiene il massimo sicuro per la salute umana (fermo restando che sono bioaccumulabili e non c’è in realtà un valore sicuro). Per UE la dose tollerabile è 2 pg/kg di peso corporeo giornalieri (51100 pg anno per un uomo di 70 kg).
Visto che 90 mg l’anno sono 90 miliardi di pg, si tratta della dose annua tollerabile da 1 milione e 700 mila persone.

Ovviamente questo valore è il massimo possibile e solo se l’impianto funziona come da progetto, ma se vi sono problemi (spegnimenti e riaccensioni, malfunzionamenti) i valori possono essere anche superiori. Questa diossina ovviamente non viene totalmente e immediatamente assorbita dall’uomo, solo una piccola quantità di quanto è uscito raggiunge gli esseri umani, ma essendo bioaccumulabile e non degradabile, finisce nella catena alimentare e aumenta, finendo prima o poi a raggiungere anche l’uomo. Gli effetti cumulativi della diossina anno dopo anno, sono i più rischiosi.

La maggioranza della diossina va a finire nel terreno attorno alla centrale (ad esempio nel raggio di 2 km), una parte può essere respirata o depositarsi sul corpo di esseri umani, animali e piante. Dal suolo può passare a piante e, come cibo, ad animali e umani. Una parte può  finire nell’acqua e poi bevuta.

Caviro ha inoltre chiesto (e ottenuto) di creare un nuovo impianto di produzione di Acido tartarico e annessa tettoia di stoccaggio fecce d’uva, su 2 pezzi di terra, che saranno cementificati.

Il fabbisogno idrico complessivo ammonterà a circa 11.000 mc/anno. La Caviro ha la concessione per prelevare da falda sotterranea mediante pozzi 1.000.000 mc/anno (un milione di metri cubi l’anno!). Nel 2021 ha prelevato 618.291. Quindi può ancora ampliarsi e prelevare senza chiedere ulteriori concessioni.

Solo il 30% dell’acqua è recuperato. Ci saranno 450 camion in più l’anno. (Fonte dati VAS)

Le centrali biogas e biometano. Inquinanti prodotti

Il biogas proveniente dal digestore anaerobico è carico di acqua e sostanze inquinanti che devono essere rimosse per garantire il buon funzionamento del sistema di upgrading ed ottenere un biometano adatto all’immissione in rete. Il gas deumidificato viene compresso, ulteriormente raffreddato, attraverso un secondo scambiatore ed inviato alla successiva fase di trattamento, a carboni attivi, in condizioni di pressione e temperatura ottimali. Attraversando il letto di carboni attivi, il biogas viene depurato dagli inquinanti ancora presenti (H₂S, VOCs). II biogas pretrattato e purificato è quindi pronto per l’upgrading vero e proprio, ossia la separazione del metano dall’anidride carbonica: il gas viene compresso affinché possa attraversare più stadi di membrane che separano la CO₂ dal CH4, metano che ovviamente sarà bruciato negli usi finali (calore e trazione)

Questo processo consuma energia, riducendo il bilancio energetico, e soprattutto libera inquinanti e CO2, gas ad effetto serra. Gli inquinanti più diffusi sono:

I COT (“carbonio organico totale”) comprendono tutti gli inquinanti derivanti dalla incompleta combustione del metano (principalmente formaldeide, idrocarburi, benzene). In genere i progetti di questo tipo di centrali prevedono limiti di emissione per queste sostanze di almeno 150mg/Nm3, 15 volte superiori a quelli previsti per inceneritori di rifiuti di grossa taglia (10mgN/m3, D.Lgs. 11 maggio 2005, n.133).

La formaldeide è prodotta dalla combustione di biomasse ed è il principale inquinante, fra i composti del carbonio, che si forma nei processi di combustione del biogas (circa il 60%) in un motore a combustione interna per incompleta combustione del metano. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) sin dal 2004 ha inserito la formaldeide nell’elenco delle sostanze considerate con certezza cancerogene per la specie umana.

Idrocarburi e benzene si formano per  combustione del metano e delle biomasse. Il benzene è stato classificato dalla IARC come agente cancerogeno del gruppo 1, e danneggia soprattutto le cellule germinali. Gli idrocarburi hanno noti effetti negativi sull’ambiente (tossicità evidente per alcuni organismi acquatici ed uccelli, alta tossicità cronica per la vita acquatica, contaminazione dei raccolti agricoli) e sulla salute umana.

Le diossine si formano in tracce in ogni processo di combustione (200-450°c) in presenza di cloro e sostanze organiche (carbonio, ossigeno, idrogeno), come avviene nel caso delle biomasse e del  biogas da digestione anaerobica, che contiene sino a 5mg/Nm3 di cloro.

Ma come si forma il biometano? si forma da una raffinazione del biogas.

Il digestato infine, se viene sparso sui campi, può presentare vari problemi, per cui dovrebbe essere trattato in impianti aerobici di compostaggio, eventualmente con altri materiali
Le centrali a biogas e biometano sono a rischio di incidente (Caviro è tra le RIR imprese a rischio incidente rilevante di grado superiore).

 

Quale il ritorno energetico? In generale il biometano da reflui a filiera massima di 15 km di conferimento delle matrici può raggiungere 1,4 di indice di ritorno energetico (EROI), considerando che la sostenibilità economica si ottiene con EROI di almeno 3. Si ricorda che l’ EROI per l’eolico è 5, per il fotovoltaico è 7 e arriva fino a 24 per l’idroelettrico in condizioni ottimali. Secondo Blonda et al 1,2 ritorno energetico per impianto DA da fanghi. Secondo altre fonti di letteratura l’ EROI del biogas non è mai superiore a 2.

 

Da cosa derivano le emissioni odorigene?

 

L’emissione odorigena disturbante è misura della liberazione di composti ridotti dello zolfo, ammine, ammoniaca e acidi grassi, ecc. tutti frutto di processi prevalentemente anossico/anaerobici. Un processo di compostaggio correttamente eseguito non genera i succitati composti in quantità significative, in quanto è un processo ossidativo aerobico e microaerobico.  Viceversa un processo anaerobico perfettamente gestito (ovvero con efficienze di metanizzazione molto alte e ambiente red-ox basso) lascia sempre nel digestato aliquote di composti altamente ridotti,  rendendo necessaria una sua ulteriore fase di stabilizzazione aerobica per la loro trasformazione; tale fase presenta problematiche simili (se non maggiori) di quelle del compostaggio diretto della biomassa di partenza, specie nei casi (frequenti) di una digestione non spinta e completa.

In zone in infrazione per i nitrati o in eutrofizzazione l’utilizzo dei digestati in prospettiva peggiora la situazione e ciò è evidente in termini grossolani in Lombardia. La sostanza organica che si ritrova nel suolo post spandimento di digerito è caratterizzata da eccesso di nitrati che gradualmente percolano in falda. Il rapporto fra carbonio e azoto è infatti maggiore nel compost (maggiore di 15) rispetto all’ammendante compostato misto che contiene anche digerito (minore di 11).

Impronta idrica 

Anche l’impronta idrica è importante sia per i rifiuti organici sottoposti a recupero energetico sia, ancor di più, per i reflui agrozootecnici; per i rifiuti si deve in ogni caso aggiungere una tonnellata d’acqua ogni 5 di rifiuti trattati per una adeguata diluizione dei rifiuti, quindi si può stimare un’impronta di 20mila m3 di acqua per un impianto che tratti 100mila t di rifiuti all’anno (ARPA Piemonte); questa impronta aumenta in caso di raffinazione a biometano. Difficilmente i liquami compensano questa esigenza.

La nostra aria

Secondo il Rapporto 2021 sulla qualità dell’aria dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), nel 2019 il nostro paese era il primo per numero di morti per biossido di azoto (NO2, 10.640 morti, +2% rispetto ai dati del Rapporto Aea 2020), ed è il secondo dopo la Germania per i rischi da particolato fine PM2,5 (49.900 morti, -4%) e ozono (O3, 3170 morti, +5% sul 2018).

Nell’Ue a 27, nel 2019 circa 307.000 persone sono morte prematuramente a causa dell’esposizione a PM2,5 , 40.400 per l’NO2 e 16.800 a causa dell’esposizione acuta all’ozono. I decessi per smog sono diminuiti del 16% rispetto al 2018 e del 33% con riferimento al 2005. Almeno il 58% dei decessi da PM2,5 in Ue, ammonisce la Aea, si sarebbe potuto evitare se tutti gli Stati membri avessero raggiunto il nuovo parametro OMS per il PM2,5 di 5 µg/m3. Con i parametri Oms l’Italia avrebbe 32.200 decessi in meno (-32.200) da PM2,5.

Attualmente (fine ottobre 2024) a Faenza la concentrazione di PM 2,5 nell’aria è 5 volte superiore il valore guida OMS annuale. Abbiamo superato la soglia del valore 50 milligrammi/metro cubo di PM10 per 15 volte da inizio gennaio 2024. Secondo i nuovi limiti UE, non dovremmo superare i 45 milligrammi per 18 giorni l’anno (anziché 35 volte). Faenza è già fuori norma per i nuovi limiti fissati dalla direttiva Parlamento Europeo qualità aria, Bruxelles, 2 ottobre 2024.

Senza considerare che le centraline sono poste nel Parco Bertozzi, in mezzo al verde, alcuni km lontano dalla zona industriale, quindi calcolano valori di inquinamento sottostimati rispetto a quelli presenti nella zona industriale.